
Nel Regno del Musical, ci sono artisti che riscrivono le storie… e poi ci sono quelli che riscrivono persino i miti.
Oggi, a Carte Scoperte, diamo voce a Elia Paghera, giovane regista e autore che ha osato ciò che pochi avrebbero immaginato: dare nuova vita a Mozart in una veste moderna, ribelle e tutta italiana.
Mozart 2.0 – Il Musical non è solo uno spettacolo: è un manifesto generazionale, un grido di libertà, una partitura che intreccia passato e futuro.
Con Elia abbiamo parlato di visioni, creazione, sfide dietro le quinte e sogni scritti tra le righe del libretto.
Perché quando un cuore giovane incontra un genio eterno, il Regno si espande… nota dopo nota. 🎼✨

Elia, com’era il tuo “io artista” da bambino o adolescente?
Da bambino vivevo il teatro e l’arte con molta leggerezza e spensieratezza, mi faceva provare emozioni così grandi che ancora non riuscivo a decifrare quindi lo vivevo nella sua essenza più pura e fanciullesca, crescendo poi il mio “Io” ha capito l’importanza di tutte queste emozioni e di cosa può dare alla gente, di quanto possa cambiare intere vite e quindi ho cominciato a pensare a questo mondo anche come ad una responsabilità verso l’arte e gli artisti. Vorrei essere per le persone quello che gli artisti del passato sono stati per me.
Come è nata l'idea di creare "Mozart 2.0 - Il Musical" e cosa ti ha ispirato a reinterpretare la figura di Mozart in chiave contemporanea?
Sicuramente “Mozart L’opera Rock” come fonte d’ispirazione primaria ci accompagna da tanti anni, da adolescente sia io che Luca (Vocal Coach) avevamo fatto una versione accademica e ci era rimasto nel cuore. 10 anni dopo, con quest’opera che girava nelle nostre teste sempre, si è presentata l’occasione di riscriverlo e re-interpretarlo mescolandolo al film “Amadeus” ma nell’ottica di portarlo al giorno d’oggi, stravolgendo completamente la sua biografia riadattandola alla nostra epoca. La sua figura così folle e geniale, unita all’odio e amore di Salieri ci ha convinti della loro umanità e di quanto fosse necessario parlare di storie umane, sincere e non di miti e leggende. Il pubblico ha bisogno di sentirsi vicino alle storie. Il modo migliore era di rapportarle a situazioni familiari al pubblico, proiettarli nel 1700’ non avrebbe reso così tanto secondo noi.
Mozart ai giorni nostri. Quali sfide hai incontrato nel trasporre un personaggio storico così iconico nel contesto moderno?
Sicuramente vedere Mozart rapportarsi con i social e le case discografiche era una sfida molto divertente. Ho lavorato con tanti artisti dell’industria musicale e le loro esperienze si sono rivelate fondamentali per fare un quadro più verosimile a come si sente un’artista oggi. Costretto a seguire regole del mercato, imposizioni che non vanno di pari passo con l’arte dell’artista, le responsabilità che si hanno, il rapporto con il successo e con il “fallimento”. Tutte storie che mi stanno molto a cuore.

Il cast dello spettacolo è composto da giovani talenti provenienti da tutta Italia. Come hai selezionato gli artisti e cosa cercavi in loro per rappresentare al meglio i personaggi?
Abbiamo visionato centinaia di profili e di artisti veramente talentuosi il nostro paese ne ha veramente tanti, questo riempie di orgoglio e speranza in chiave futura in un settore che fa molta fatica. Quello che abbiamo cercato era quel tocco di “originalità” in ciascuno di loro. Non abbiamo mai voluto macchiette o marionette, ma artisti in scena che prendessero a cuore i vari ruoli e li costruissero su di loro. In scena vogliamo degli artisti che possano creare insieme a noi e non “operai” che replichino degli ordini. Questo era molto importante.

Cosa rappresenta per te la figura di Mozart?
Genio, Follia ma anche paura. Il rapporto con il tempo, la paura del fallimento, non mi reputo neanche lontanamente geniale come lui, ma sento di aver provato tante emozioni simili alle sue. In qualche modo mi sento un parente lontano. Ma in realtà la mia personalità la troverete in tutti i personaggi.
Oltre alla regia, hai curato anche la scrittura dei testi dello spettacolo. Come hai affrontato il processo creativo di scrivere dialoghi e scene che risuonassero con il pubblico contemporaneo?
La chiave è sempre stata la semplicità. Genuinità nei dialoghi che principalmente rispecchiassero il mio modo di parlare e rapportarmi alle varie situazioni. Molto spesso mentre scrivevo mi chiedevo: “Io, Elia cosa direi? Come lo dire? Lo direi davvero così?” Ma tutto questo non con uno spirito arrogante, non ho la presunzione di dire che è il modo corretto anzi, ma in primis avevo la necessità di avere un testo davanti che mi rispecchiasse. Come dicevo prima, non voglio imitare o copiare, ci deve essere la mia anima nel testo, altrimenti mi sentirei irrilevante.

"Mozart 2.0" mescola classico e moderno: come hai lavorato sull'equilibrio tra sonorità pop-rock e le citazioni musicali di Mozart, per mantenere coerenza e freschezza?
Il classico accompagna tutte le scene recitate mantenendo una coerenza anche storica. Quando siamo nelle prime fasi della vita possiamo sentire le prime opere realizzate da Mozart che accompagnano i dialoghi e così via fino ad arrivare al finale. Il pop-rock si mescola nei brani cantati e ballati come espressione massima del sentimento che gli artisti provano in quella scena.
Se potessi scegliere un altro compositore da "rivisitare" in chiave musical, chi sarebbe e quale aspetto della sua vita ti piacerebbe esplorare in scena?
Assolutamente Giuseppe Verdi, ma di questo è presto per parlarne, non voglio spoilerare nulla.
Debutterete il 31 maggio 2025 al Teatro Nazionale di Milano. Perché venire a vedere Mozart 2.0?
Perché pensiamo sia qualcosa di diverso rispetto al panorama musical italiano al quale siamo abituati. Perché parla di storie umane, di sentimenti e aspetti del carattere di tutti noi. Perché speriamo sia una scintilla per tutti gli artisti che oggi fanno fatica ad esprimersi. Perché quest’opera siamo sicuri possa aiutare tante persone.

Guardando al futuro, quali sono i tuoi progetti nel mondo del teatro musicale?
Ho in produzione altre opere che nei prossimi 2 anni dovrebbero andare in scena. L’obiettivo è sempre quello: Cambiare il mondo. Spero di farcela.
DOMANDA DI RITO: Quando cala il sipario e si spengono, i riflettori… chi rimane?
I tecnici che smontano tutto ahahahha. A parte gli scherzi, quando finisce uno spettacolo, l’energia o anima di quello che hai portato in scena, chiamala come vuoi, rimane, la percepisci, è tangibile e viaggia attraverso le persone. E’ un eredità, come semi di una pianta che grazie al vento si disperdono e speri possano germogliare nel cuore di altre persone. Ho la fortuna di vivere questo sogno, e quando finisce tutto mi concedo sempre 5 minuti sdraiato sul palco a osservare il soffitto per visualizzare questa energia e ringraziare la mia vita per le opportunità che mi offre.
Con passione, consapevolezza e una visione limpida come una sinfonia, Elia Paghera ci ha portati dentro il laboratorio creativo di un’opera nuova, vibrante e necessaria.
Un regista che non teme di osare, un autore che ascolta il battito del tempo e lo trasforma in scena.
E noi, nel Regno del Musical, siamo fieri di aver svelato le sue carte… perché dietro ogni spettacolo che incanta, c’è un pensiero che arde.
